domenica 11 marzo 2012

Una questione urgente sul piano costituzionale e civile Dov’è finita la voglia di risolvere i problemi delle carceri italiane?


pubblicato da L'IDEALE


Il Presidente Napolitano, per denunciare il disumano e criminale stato delle carceri italiane, parlò, la scorsa estate, di “questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile”, ma si è poi dileguato, lasciando il solo Marco Pannella a lottare nonviolentemente, insieme a Radicali come Rita Bernardini e Irene Testa, per il ripristino della legalità.
I numeri sono impietosi: 67.000 detenuti a fronte di 44.000 posti disponibili, 7.000 agenti mancanti, oltre il 40% dei detenuti in attesa di giudizio (una percentuale doppia rispetto al resto dell’Europa), mentre le morti violente sono circa il quadruplo rispetto agli Stati Uniti. Per il sovraffollamento, invece, il nostro Paese è secondo solo alla Serbia nella triste classifica. Per fare un esempio, il carcere di Poggioreale ospita 2.700 detenuti a fronte di 1.200 posti.
Negli ultimi dieci anni, anche ottanta agenti di custodia si sono tolti la vita: il dramma delle carceri non appartiene solo ai detenuti. Ma, purtroppo, anche i sindacati, dopo aver più volte denunciato la gravità della situazione, hanno perso ogni capacità di iniziativa e sono precipitati nel sonnambulismo, al pari del Parlamento e di tutti i partiti, con l’unica meritoria eccezione dei Radicali.
Continua impietosamente il drammatico fenomeno dei suicidi in carcere: sono stati 63 nel 2011, mentre quest’anno siamo già a quota 14.
Il recente decreto “svuota carceri” è solo una misura palliativa che non porterà a nulla: è troppo limitata per riportare la giustizia italiana nell’alveo della legalità e del diritto. Soprattutto, il problema non è limitato solo alle carceri: tutto il sistema giudiziario è allo sfascio. L’arretrato da smaltire ammonta ormai a oltre nove milioni di processi e raggiungerà, di questo passo, i dieci milioni: processi che, in larga parte, non verranno mai celebrati, perché interrotti dalla prescrizione, una vera e propria “aministia di classe”. Le prescrizioni sono ormai centottantamila l’anno e il vicepresidente del Csm Michele Vietti ha dichiarato: “Stop alla prescrizione che premia l'imputato”.
Nel migliore dei casi, i cittadini dovranno aspettare molti anni per ottenere una sentenza, mentre sono troppi i “reati senza vittime”, come quelli previsti dalle leggi Fini-Giovanardi e Bossi-Fini, che criminalizzano migliaia di persone per fatti che, presi a sé, non provocano nessun danno alla società.
L’unica via di uscita è l’amnistia proposta da Pannella, come primo doveroso passo di una necessaria riforma della giustizia, che preveda depenalizzazioni dei reati minori, la discrezionalità dell’azione penale, sulla depenalizzazione dei reati minori, sull’ampliamento delle misure alternative alla detenzione e sull’antiproibizionismo.
E’ venuta l’ora di intervenire urgentemente con l’amnistia per la Repubblica Italiana, che non può più permettersi di rimanere illegale e criminale, contravvenendo alle sue stesse leggi e alle norme basilari del diritto.
Il Presidente Napolitano ha il dovere di usare pienamente i suoi poteri costituzionali e di inviare un messaggio alle Camere, per ripristinare la legalità in una Repubblica condannata non solo dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, ma dai suoi stessi tribunali.
Voltaire scrisse: "Tu continui a parlarmi degli archi e dei costumi della tua gente per convincermi di quanto siano buone le leggi civili e i comportamenti dei tuoi paesi (...) No, amico mio, parlami di come funzionano i tribunali e soprattutto delle carceri e di come ci vive e ci muore la gente".
La riforma della Giustizia e delle carceri, a partire dall’amnistia, è una battaglia liberale. E’ la battaglia di Marco Pannella e dei Radicali.

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