venerdì 23 marzo 2012

Un ricordo di Tonino Guerra


pubblicato da NOTIZIE RADICALI


E’ venuto a mancare Tonino Guerra, celebre poeta e fra i massimi sceneggiatori del cinema italiano. Le sue condizioni di salute si erano aggravate nelle ultime settimane; il poeta era tornato da tempo a vivere nella sua Sant’Arcangelo di Romagna, dove era nato nel 1920 ed è stato assistito fino alla fine dal figlio Andrea, rinomato musicista per il cinema.

I più lo ricordano come autore di tanti capolavori cinematografici, a partire da Amarcord, in cui Guerra seppe rievocare i ricordi d’infanzia romagnoli suoi e di altri amici, veri o inventati, e Fellini riuscì a trasporli, in maniera mirabile trasfigurandoli in sogno.

Tonino Guerra collaborò con Fellini su altri film (E la nave va, Ginger e Fred) ma si affermò nel cinema scrivendo alcune delle più importanti opere di Michelangelo Antonioni: innanzitutto, la cosiddetta “trilogia sull’incomunicabilità”: L’avventura, La notte L’eclisse. Le sedute di sceneggiatura si tenevano sul terrazzo della casa romana di Guerra a Piazzale Clodio, poi abitata per anni anche dal figlio, e lì nacquero altri capolavori come Deserto Rosso, Blow Up, Zabriskie Point. Antonioni e Guerra continuarono sempre insieme fino agli ultimi film, girati quando il regista ferrarese era stato già colpito da una grave malattia: Al di là delle nuvole e l’episodio del film collettivo Eros.

Un altro incontro importante per Guerra fu quello con il greco Theo Anghelopoulos (tragicamente scomparso di recente): scrissero insieme sette film: da Il Volo con Marcello Mastroianni nel 1986 fino al recente La polvere del tempo del 2008, passando per la Palma d’Oro di Cannes del 1998, L’eternità e un giorno.

Da ricordare anche il connubio fra Guerra e Francesco Rosi: iniziarono con Uomini contro, adattamento del bellissimo Un anno sull’altopiano di Emilio Lussu, per proseguire con Il Caso Mattei, Lucky Luciano e tutti i successivi film del maestro napoletano fino all’ultimo, La Tregua, tratto dal romanzo di Primo Levi e prodotto dal compianto Leo Pescarolo.

La carriera cinematografica di Tonino Guerra non si limita a quanto ricordato fin qui e, fin dal suo esordio con Giuseppe De Santis (Uomini e Lupi), molti fra i più importanti registi si sono avvalsi della sua penna: Mario Monicelli, Marco Bellocchio, Elio Petri, Vittorio De Sica, Andrej Tarkvoskji, Paolo e Vittorio Taviani, Amos Gitai, Giuseppe Tornatore.

Nonostante il successo nel cinema, Tonino Guerra si considerava innanzitutto un poeta. Un Guerra venticinquenne sottopose i suoi primi versi a Carlo Bo, che dimostrò di apprezzarli: I scarabócc ("Gli scarabocchi") con prefazione dello stesso Bo e scritti in dialetto romagnolo, a cui seguirono La s-ciuptèda ("La schioppettata"), I bu ("I buoi"), Il miele e Quartett d'autonn. Compose i primi versi quando, poco più che ventenne, si ritrovò internato in un campo di concentramento tedesco e mantenne sempre, anche nel cinema, una fortissima e inconfondibile vena poetica. La poesia traspariva sempre nei suoi film, in una celebre scena di Amarcord un muratore si sfoga: “Mio nonno fava i mattoni, mio babbo fava i mattoni, fazzo i mattoni anche me', ma la casa mia n'dov'è?”

Guerra scrisse molto anche in lingua italiana: la serie dei libri per l’infanzia Millemosche con Luigi Malerba, diversi libri di poesia, raconti, diari, favole, romanzi .

Tonino Guerra fu, sia in cinema che in letteratura, un vero poeta della sua terra e lo ricordiamo con questi versi in romagnolo, il “Canto quinto” de Il Miele.

Cantèda zóinch
Pirìn dagli Évi l'à e' nóm de su por bà
che a la su volta l'éva quèl de nòn,
insòma i Pirin dagli Évi in finés mai
e i féva un mél
ch'l'éva l'udòur dla ménta.
La chèsa a mèza còsta,
la è dalòngh da e' paàis e da la vala.

Vuìlt a n savói che in Amèrica, in primavéra,
u i è i tréni ch'i pasa tal pianéuri quérti 'd móil e pésgh
e i pórta i bózz sagli évi
ch'al fa al rufièni da fiòur a fiòur
chè i rèm i n s móv par fè a l'amòur
e i n'aróiva a sguzlè tal campanèli.

Quèst l'è e' mistir che fa Pirìn in primavéra:
e porta i bózz in ziréun tla campagna
e pu l'aspèta tl'òmbra che i chéul dagli évi,
lòvvi e smanèdi, i mètta incinta i fiéur.
Ecco parchè e' nas i frótt
se no u n gn'i sarébb nè màili, nè pésghi e iniquèl.

Canto quinto
Pierino delle Api ha il nome di suo padre
che a sua volta aveva quello del nonno,
insomma i Pierino delle Api non finiscono mai
e facevano miele
con l'odore della menta.
La casa, a mezza costa,
è lontana dal paese e dalla valle.

Voi non sapete che in America, a primavera,
ci sono i treni che passano nelle pianure di meli e peschi
e portano le arnie delle api
che fanno da ruffiane da fiore a fiore
perché i rami non si muovono per fare all'amore
e non arrivano a sgocciolare dentro le campanule.

Questo è il mestiere che fa Pierino in primavera:
porta le arnie in giro nelle campagne
e poi aspetta all'ombra che i culi delle api,
golose e impazienti, ingravidino i fiori.
Ecco perché nascono i frutti, altrimenti
non ci sarebbero né mele, né pesche, più niente.

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