lunedì 29 novembre 2010

Le ombre rosse, i fantasmi del comunismo


pubblicato da Radicalweb

Citto Maselli è una singolare figura di intellettuale e di cineasta, uomo dalla personalità estroversa e brillante, diviso fra arte e politica. Infatti, oltre ad aver realizzato opere dal contenuto spesso strettamente politico (da Il Sospetto a Cronache del Terzo Millennio, ma questo lo hanno fatto anche altri), Maselli ha percorso, parallelamente a quella di regista, una rilevante carriera politica che lo ha portato non solo a ricoprire ruoli di primissimo piano in Italia e in Europa nelle organizzazioni dei cineasti, ma anche, caso credo unico fra i registi, a sedere nella Direzione Nazionale di un partito, quello della Rifondazione Comunista.

Le Ombre Rosse
, presentato fuori concorso alla Mostra di Venezia e appena uscito in home-video, va analizzato alla luce dell’esperienza politica dell’autore, del suo essere militante e dirigente comunista. Il film, ottimamente interpretato da un variopinto cast in cui spiccano Luca Lionello ed Ennio Fantastichini, si apre con un’immagine forte e bellissima, scopertamente ispirata alle opere di una delle più grandi pittrici italiane del ‘900, Titina Maselli, sorella dell’autore. Francesco (Citto) Maselli è un intellettuale che nasce in una famiglia di intellettuali, a lui si ispira, già nell’abbigliamento, la figura del professore Sergio Siniscalchi(interpretato da uno straordinario Roberto Herlitzka), protagonista del film.

La vicenda ruota attorno ad un centro sociale. E’ qui che incontriamo Siniscalchi predicare il “recupero dell’irrazionalità”. Malignamente, mi viene da osservare che solo un recupero irrazionale può far apprezzare oggi la filosofia marxista. Non a caso, oggi il maggiore intellettuale comunista è, con ogni probabilità, il raffinatissimo letterato Alberto Asor Rosa. L’unico comunismo possibile, oggi, è un comunismo “sentimentale”: non vi sono oggi economisti marxisti di una qualche rilevanza, semplicemente perché decenni, secoli di pensiero economico (e filosofico) liberale hanno demolito l’antiscientifico e tragico marxismo.

Siniscalchi, il protagonista del film, è, come Citto, un intellettuale davvero libero e fuori dagli schemi: si propone di recuperare l’idea della Case della Cultura di André Malraux. Questo secondo recupero è a dir poco sorprendente, se si ricordano le quantità di contumelie che Malraux, da intellettuale scomodo e gollista, ricevette in vita proprio dalla sinistra marxista. Maselli lo sa benissimo e si dimostra perfettamente complice del suo protagonista: l’ultima mezz’ora è, infatti, una vera e propria demolizione della classe dirigente comunista. Passiamo dall’architetto modaiolo (Fantastichini) che ha fatto tanto arrabbiare Massimiliano Fuksas, al giovane funzionario di partito da centro sociale, dagli intellettuali isolati e poco comunicativi, alla cialtroneria del parlamentare (un “cameo” di Ricky Tognazzi).

Il finale è impietoso e speranzoso allo stesso tempo. Il centro sociale, in definitiva il vero protagonista del film, è ormai chiuso. Tre giovani si avvicinano al vecchio edificio abbandonato, iniziano a prenderne le misure e pensano a qualcosa di nuovo. La metafora è trasparente, ma posso essere d’accordo solo in parte.

Sicuramente le forze politiche, sociali, civili, culturali che hanno costituito la sinistra estrema devono aspirare a un profondo rinnovamento. Ma sono convinto che esso sarà impossibile se, come nel film, si pensa di ristrutturare la “vecchia casa”: se non si sbarazza di Marx ed Engels, la sinistra oggi comunista rimarrà marginale e settaria, sempre più distante dal cuore dei problemi della società.