sabato 24 marzo 2012

Processi lunghi, processo all’Italia


pubblicato da LIBERTIAMO


Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha stigmatizzato per l’ennesima volta lo scandaloso e terribile malfunzionamento della giustizia italiana, emettendo un giudizio di netta condanna: «La situazione concernente l’eccessiva durata dei processi e il malfunzionamento del rimedio (legge Pinto, ndr) esistente è estremamente preoccupante e richiede l’adozione urgente di misure su larga scala in grado di risolvere il problema». E’ un giudizio severo e, al tempo stesso, coerente con le condanne giudiziarie più volte emesse dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo,presso la quale sono già pendenti oltre duemila casi contro il nostro Paese: un numero che continua a crescere per l’eccessiva durata dei processi e i tempi troppo lunghi dei relativi risarcimenti, regolati appunto dalla legge Pinto.

Nell’impietoso documento approvato dal Consiglio d’Europa, il funzionamento attuale della giustizia italiana «costituisce un serio pericolo per il rispetto della supremazia della legge, che risulta in una negazione dei diritti sanciti dalla convenzione europea dei diritti umani e crea una minaccia seria per l’efficacia del sistema che sottende alla stessa convenzione».

Sono parole che fanno rabbrividire e, di fronte ad esse, Marco Pannella ha deciso di riprendere la sua lotta non violenta: «Prendo la decisione – che non è solita e deve essere eccezionale – di iniziare uno sciopero della fame ad oltranza. La mia è una risposta, una decisione che prendo sulla base della notizia che ci è giunta dal Consiglio d’Europa oggi (lo scorso 14 marzo, ndr). O si danno un obiettivo che sia intellettualmente onesto paragonare all’amnistia e all’indulto – vasti e immediati – o noi continueremo ad oltranza la nostra lotta, non motivata dall’esasperazione» bensì «dalla speranza forte che riusciremo a venire a termine di questa situazione criminale che connota la realtà formale e sostanziale della giustizia italiana. Si continua a parlare delle carceri , e nessuno mi può rimproverare di non averne parlato evidentemente , – ha aggiunto Pannella – ma questo è un modo che le istituzioni italiane, le forze politiche e gran parte del mondo ‘democratico hanno per eludere in modo ignobile un altro fatto sul quale la giurisdizione europea e noi insistiamo da trent’anni. Le condanne del Consiglio d’Europa riguardano ciò che fa meno impressione quando la si enuncia: la lunghezza irragionevole dei processi!».

E’ un richiamo molto forte al ministro Paola Severino, al premier Mario Monti, ma soprattutto al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che il 28 luglio dello scorso anno, nel corso del convegno promosso dal Partito Radicale, parlò di «una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile».

Dieci milioni di processi intasano i tribunali e producono cinquecento prescrizioni al giorno: l’arretrato è impossibile da smaltire. Nello stesso tempo, le carceri italiane producono decine di suicidi, sia tra i detenuti che tra gli agenti di custodia. Del resto, siamo i peggiori in Europa per sovraffollamento, ma è solo un esempio del drammatico stato delle carceri.

L’unica soluzione è un’amnistia che possa ridurre per i tribunali il peso immane di un arretrato impossibile dasmaltire e che sia la necessaria premessa di una più ampia riforma dellagiustizia.

Per rilanciare queste istanze, i Radicali organizzeranno la “Seconda Marcia per l’amnistia,la giustizia e la legalità” nel giorno di Pasqua, il prossimo 8 aprile. La Prima si svolse nel 2005, a Natale, e, come allora, anche questa volta a guidarla ci sarà, assieme ai Radicali, il più celebre nonviolento italiano: Marco Pannella.

Nota della Redazione: anche Benedetto Della Vedova ha dato la sua adesione alla marcia.

venerdì 23 marzo 2012

Un ricordo di Tonino Guerra


pubblicato da NOTIZIE RADICALI


E’ venuto a mancare Tonino Guerra, celebre poeta e fra i massimi sceneggiatori del cinema italiano. Le sue condizioni di salute si erano aggravate nelle ultime settimane; il poeta era tornato da tempo a vivere nella sua Sant’Arcangelo di Romagna, dove era nato nel 1920 ed è stato assistito fino alla fine dal figlio Andrea, rinomato musicista per il cinema.

I più lo ricordano come autore di tanti capolavori cinematografici, a partire da Amarcord, in cui Guerra seppe rievocare i ricordi d’infanzia romagnoli suoi e di altri amici, veri o inventati, e Fellini riuscì a trasporli, in maniera mirabile trasfigurandoli in sogno.

Tonino Guerra collaborò con Fellini su altri film (E la nave va, Ginger e Fred) ma si affermò nel cinema scrivendo alcune delle più importanti opere di Michelangelo Antonioni: innanzitutto, la cosiddetta “trilogia sull’incomunicabilità”: L’avventura, La notte L’eclisse. Le sedute di sceneggiatura si tenevano sul terrazzo della casa romana di Guerra a Piazzale Clodio, poi abitata per anni anche dal figlio, e lì nacquero altri capolavori come Deserto Rosso, Blow Up, Zabriskie Point. Antonioni e Guerra continuarono sempre insieme fino agli ultimi film, girati quando il regista ferrarese era stato già colpito da una grave malattia: Al di là delle nuvole e l’episodio del film collettivo Eros.

Un altro incontro importante per Guerra fu quello con il greco Theo Anghelopoulos (tragicamente scomparso di recente): scrissero insieme sette film: da Il Volo con Marcello Mastroianni nel 1986 fino al recente La polvere del tempo del 2008, passando per la Palma d’Oro di Cannes del 1998, L’eternità e un giorno.

Da ricordare anche il connubio fra Guerra e Francesco Rosi: iniziarono con Uomini contro, adattamento del bellissimo Un anno sull’altopiano di Emilio Lussu, per proseguire con Il Caso Mattei, Lucky Luciano e tutti i successivi film del maestro napoletano fino all’ultimo, La Tregua, tratto dal romanzo di Primo Levi e prodotto dal compianto Leo Pescarolo.

La carriera cinematografica di Tonino Guerra non si limita a quanto ricordato fin qui e, fin dal suo esordio con Giuseppe De Santis (Uomini e Lupi), molti fra i più importanti registi si sono avvalsi della sua penna: Mario Monicelli, Marco Bellocchio, Elio Petri, Vittorio De Sica, Andrej Tarkvoskji, Paolo e Vittorio Taviani, Amos Gitai, Giuseppe Tornatore.

Nonostante il successo nel cinema, Tonino Guerra si considerava innanzitutto un poeta. Un Guerra venticinquenne sottopose i suoi primi versi a Carlo Bo, che dimostrò di apprezzarli: I scarabócc ("Gli scarabocchi") con prefazione dello stesso Bo e scritti in dialetto romagnolo, a cui seguirono La s-ciuptèda ("La schioppettata"), I bu ("I buoi"), Il miele e Quartett d'autonn. Compose i primi versi quando, poco più che ventenne, si ritrovò internato in un campo di concentramento tedesco e mantenne sempre, anche nel cinema, una fortissima e inconfondibile vena poetica. La poesia traspariva sempre nei suoi film, in una celebre scena di Amarcord un muratore si sfoga: “Mio nonno fava i mattoni, mio babbo fava i mattoni, fazzo i mattoni anche me', ma la casa mia n'dov'è?”

Guerra scrisse molto anche in lingua italiana: la serie dei libri per l’infanzia Millemosche con Luigi Malerba, diversi libri di poesia, raconti, diari, favole, romanzi .

Tonino Guerra fu, sia in cinema che in letteratura, un vero poeta della sua terra e lo ricordiamo con questi versi in romagnolo, il “Canto quinto” de Il Miele.

Cantèda zóinch
Pirìn dagli Évi l'à e' nóm de su por bà
che a la su volta l'éva quèl de nòn,
insòma i Pirin dagli Évi in finés mai
e i féva un mél
ch'l'éva l'udòur dla ménta.
La chèsa a mèza còsta,
la è dalòngh da e' paàis e da la vala.

Vuìlt a n savói che in Amèrica, in primavéra,
u i è i tréni ch'i pasa tal pianéuri quérti 'd móil e pésgh
e i pórta i bózz sagli évi
ch'al fa al rufièni da fiòur a fiòur
chè i rèm i n s móv par fè a l'amòur
e i n'aróiva a sguzlè tal campanèli.

Quèst l'è e' mistir che fa Pirìn in primavéra:
e porta i bózz in ziréun tla campagna
e pu l'aspèta tl'òmbra che i chéul dagli évi,
lòvvi e smanèdi, i mètta incinta i fiéur.
Ecco parchè e' nas i frótt
se no u n gn'i sarébb nè màili, nè pésghi e iniquèl.

Canto quinto
Pierino delle Api ha il nome di suo padre
che a sua volta aveva quello del nonno,
insomma i Pierino delle Api non finiscono mai
e facevano miele
con l'odore della menta.
La casa, a mezza costa,
è lontana dal paese e dalla valle.

Voi non sapete che in America, a primavera,
ci sono i treni che passano nelle pianure di meli e peschi
e portano le arnie delle api
che fanno da ruffiane da fiore a fiore
perché i rami non si muovono per fare all'amore
e non arrivano a sgocciolare dentro le campanule.

Questo è il mestiere che fa Pierino in primavera:
porta le arnie in giro nelle campagne
e poi aspetta all'ombra che i culi delle api,
golose e impazienti, ingravidino i fiori.
Ecco perché nascono i frutti, altrimenti
non ci sarebbero né mele, né pesche, più niente.

venerdì 16 marzo 2012

La bomba ecologica di Renata Polverini


pubblicato da NOTIZIE RADICALI


Lo ha ammesso, lunedì scorso,lo stesso ministro Clini: Roma rischia di cadere, già nei prossimi mesi, in un’emergenza nella gestione dei rifiuti paragonabile a quella occorsa a Napoli, una vera e propria "bomba ecologica".
La discarica di Malagrotta serve Roma da oltre trent’anni ed è tecnicamente “incapiente” (ovvero esaurita) già dallo scorso decennio. Si è creata, infatti, una collina di rifiuti, alta più di cinquanta metri ed estremamente problematica da gestire. A questo, si aggiunga che, fino ad oggi, vengono sversate a Malagrotta migliaia di tonnellate di rifiuti “tal quali”, in totale violazione delle normative europee e delle leggi italiane, che imporrebbero il trattamento dei rifiuti (realizzato solo in minima parte). Malagrotta andrebbe chiusa da molto tempo e negli anni si sono succedute le proroghe: l’ultima durerà fino a giugno. Ma sarà probabilmente da rinnovare, mentre l’Europa è arrivata ormai a un passo dalle sanzioni, sottoforma di salatissime multe.
Il piano dei rifiuti approvato recentemente dal Consiglio Regionale del Lazio e fortemente voluto dalla Polverini prevede di realizzare un sito definitivo,con tanto di inceneritori , nel comune di Fiumicino, in località Pizzo del Prete. Per realizzare l’impianto, però, saranno necessari, nella migliore delle ipotesi, due o tre anni. Nel frattempo, il piano prevede di chiudere Malagrotta e di servirsi di una serie di siti provvisori, una sorta di “mini” discariche con cui tappezzare la provincia di Roma.
La Presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, ha tentato di liberarsi della patata bollente, invocando la nomina di un commissario, ed è stata accontentata dal governo Berlusconi con la nomina del prefetto Giuseppe Pecoraro. Il commissario ha individuato due siti alternativi per realizzare discariche “temporanee” (le virgolette sono d’obbligo, perché si parla di tre anni almeno): uno situato a Corcolle (San Vittorino), l’altro a Quadro Alto, nel comune di Riano. Entrambi presentano, però, notevoli problematicità.
Il sito di Corcolle si trova a poche centinaia di metri da Villa Adriana, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Inoltre, la proprietà della cava in cui dovrebbe sorgere la discarica è legata a oscure società estere e nemmeno il prefetto Pecoraro è riuscito a fare chiarezza. Resta da chiedersi come si possa immaginare di collocare una discarica a qualche centinaio di metri da uno dei massimi monumenti nazionali.
Il sito di Riano, nella località Quadro Alto, è persino più assurdo: si tratta, infatti, di una cava di tufo, materiale noto per l’elevata permeabilità, sopra il quale nessuno penserebbe mai di interrare rifiuti, inquinanti per definizione. Inoltre, a differenza di quanto dichiarato nei documenti della Regione Lazio, la cava non è dismessa e dà lavoro a un centinaio di dipendenti. Il marchiano errore è stato reso possibile dalla superficialità dei responsabili della Regione: lo “studio tecnico” risulta essere un mero “copia e incolla”, basato sulla richiesta presentata alla Regione Lazio (e già respinta nel 2009) dalla Colari di Manlio Cerroni, monopolista da decenni nella gestione dei rifiuti romani e proprietario non solo della famigerata discarica di Malagrotta.
Risultano errate, nei pasticciati documenti regionali, anche le distanze dalle abitazioni, fissate per legge in minimo 700 metri dalle case sparse e 1500 metri dal centro abitato. Quello di Monteporcino è molto meno distante. Ma non finisce qui. I più recenti rilievi (carotaggi) hanno evidenziato la presenza di numerose falde acquifere: l’inquinamento da discarica (percolato) rischierebbe di essere trascinato per decine e decine di chilometri, il rischio è letale per gran parte della città.
Ad assicurarsi la proprietà del sito, arriva l’onnipresente Cerroni che si oppone ai decreti di esproprio, predisposti nel frattempo dal prefetto.
Inizia la rivolta civile dei cittadini: si formano comitati dai diversi colori politici, si tengono numerose manifestazioni e il sito di Quadro Alto viene permanentemente occupato dai coraggiosi rianesi, in difesa del loro territorio.
E’ intervenuta la magistratura: prima il TAR (di fronte al quale pendono tantissimi ricorsi, da parte di partiti, associazioni politiche e ambientaliste, imprenditori (fra cui i gestori della cava e il solito Cerroni) , comitati locali, privati cittadini; poi la Procura di Roma ha aperto un’inchiesta sui criteri di scelta dei siti e ha incaricato i carabinieri del Noe (fra cui il capitano “Ultimo”) di rilevare la distanza dei siti dalle abitazioni.
Come se non bastasse, nella Conferenza dei Servizi (che doveva dare il via libera alla discarica di Corcolle, essendo ancora in corso accertamenti su Riano) il presidente della provincia Zingaretti blocca tutto con il suo potere di veto.
In mezzo a questo bailamme, la Polverini perde completamente la bussola e arriva ad accusare la magistratura di interferenze, quasi fosse colpevoledi indagare: un atto gravissimo da parte della presidente di una Regione.
Interviene, finalmente, il Governo: il ministro Clini convoca per un vertice la Polverini, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il presidente della provincia Nicola Zingaretti e il prefetto Pecoraro.
Le dichiarazioni ufficiali parlano di approfondimenti da effettuare su tutti i sette siti inizialmente individuati dalla Regione (e non solo sui due scelti da Pecoraro). Le indiscrezioni giornalistiche riportano che la scelta sarebbe già stata fatta: Monti dell’Ortaccio, l’ennesimo sito di proprietà di Manlio Cerroni, l’unico a richiedere tempi di approntamento relativamente rapidi e tali da poter chiudere per tempo Malagrotta. Ma c’è una controindicazione: Malagrotta dista poche centinaia di metri da Monti dell’Ortaccio.
Che esito avrà, a questo punto, il Piano Rifiuti della Polverini? Se ne sono occupati i consiglieri regionali radicali alla Regione, Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo, coadiuvati da Massimiliano Iervolino (autore del libro-inchiesta “Con le mani nella monnezza”, ed. Reality Book). Il Piano contravviene, furbescamente, agli obblighi sulla raccolta differenziata e anche il sito che si vorrebbe definitivo, Pizzo del Prete, presenta numerose controindicazioni.
Torneremo ad occuparcene presto, dalle colonne di questo giornale.

domenica 11 marzo 2012

Una questione urgente sul piano costituzionale e civile Dov’è finita la voglia di risolvere i problemi delle carceri italiane?


pubblicato da L'IDEALE


Il Presidente Napolitano, per denunciare il disumano e criminale stato delle carceri italiane, parlò, la scorsa estate, di “questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile”, ma si è poi dileguato, lasciando il solo Marco Pannella a lottare nonviolentemente, insieme a Radicali come Rita Bernardini e Irene Testa, per il ripristino della legalità.
I numeri sono impietosi: 67.000 detenuti a fronte di 44.000 posti disponibili, 7.000 agenti mancanti, oltre il 40% dei detenuti in attesa di giudizio (una percentuale doppia rispetto al resto dell’Europa), mentre le morti violente sono circa il quadruplo rispetto agli Stati Uniti. Per il sovraffollamento, invece, il nostro Paese è secondo solo alla Serbia nella triste classifica. Per fare un esempio, il carcere di Poggioreale ospita 2.700 detenuti a fronte di 1.200 posti.
Negli ultimi dieci anni, anche ottanta agenti di custodia si sono tolti la vita: il dramma delle carceri non appartiene solo ai detenuti. Ma, purtroppo, anche i sindacati, dopo aver più volte denunciato la gravità della situazione, hanno perso ogni capacità di iniziativa e sono precipitati nel sonnambulismo, al pari del Parlamento e di tutti i partiti, con l’unica meritoria eccezione dei Radicali.
Continua impietosamente il drammatico fenomeno dei suicidi in carcere: sono stati 63 nel 2011, mentre quest’anno siamo già a quota 14.
Il recente decreto “svuota carceri” è solo una misura palliativa che non porterà a nulla: è troppo limitata per riportare la giustizia italiana nell’alveo della legalità e del diritto. Soprattutto, il problema non è limitato solo alle carceri: tutto il sistema giudiziario è allo sfascio. L’arretrato da smaltire ammonta ormai a oltre nove milioni di processi e raggiungerà, di questo passo, i dieci milioni: processi che, in larga parte, non verranno mai celebrati, perché interrotti dalla prescrizione, una vera e propria “aministia di classe”. Le prescrizioni sono ormai centottantamila l’anno e il vicepresidente del Csm Michele Vietti ha dichiarato: “Stop alla prescrizione che premia l'imputato”.
Nel migliore dei casi, i cittadini dovranno aspettare molti anni per ottenere una sentenza, mentre sono troppi i “reati senza vittime”, come quelli previsti dalle leggi Fini-Giovanardi e Bossi-Fini, che criminalizzano migliaia di persone per fatti che, presi a sé, non provocano nessun danno alla società.
L’unica via di uscita è l’amnistia proposta da Pannella, come primo doveroso passo di una necessaria riforma della giustizia, che preveda depenalizzazioni dei reati minori, la discrezionalità dell’azione penale, sulla depenalizzazione dei reati minori, sull’ampliamento delle misure alternative alla detenzione e sull’antiproibizionismo.
E’ venuta l’ora di intervenire urgentemente con l’amnistia per la Repubblica Italiana, che non può più permettersi di rimanere illegale e criminale, contravvenendo alle sue stesse leggi e alle norme basilari del diritto.
Il Presidente Napolitano ha il dovere di usare pienamente i suoi poteri costituzionali e di inviare un messaggio alle Camere, per ripristinare la legalità in una Repubblica condannata non solo dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, ma dai suoi stessi tribunali.
Voltaire scrisse: "Tu continui a parlarmi degli archi e dei costumi della tua gente per convincermi di quanto siano buone le leggi civili e i comportamenti dei tuoi paesi (...) No, amico mio, parlami di come funzionano i tribunali e soprattutto delle carceri e di come ci vive e ci muore la gente".
La riforma della Giustizia e delle carceri, a partire dall’amnistia, è una battaglia liberale. E’ la battaglia di Marco Pannella e dei Radicali.

mercoledì 7 marzo 2012

L'intellettuale collettivo radicale


pubblicato da NOTIZIE RADICALI


Nella dizione gramsciana, “intellettuale collettivo” è “un elemento di società complesso nel quale già abbia inizio il concretarsi di una volontà collettiva riconosciuta e affermatasi parzialmente nell'azione”. Il concetto di intellettuale collettivo è, per Antonio Gramsci, strettamente connesso al partito operaio e all’intellettuale organico: “…si forma un legame stretto tra grande massa, partito, gruppo dirigente, e tutto il complesso, ben articolato, si può muovere come un uomo collettivo”.
Lo stesso concetto gramsciano è stato brillantemente rievocato, sotto una nuova luce, da Pier Paolo Segneri, anche su questo giornale. Bisogna, però, non farsi fuorviare dalle elaborazioni gramsciane, che vanno superate e rinnovate, seguendo il metodo e la cultura liberali. Non è un esercizio facile e, soprattutto per chi già ne conosce il pensiero, incombe il rischio di attribuire al solo Gramsci una sorta di monopolio sulla dizione di “intellettuale collettivo”, che può essere, invece, reinterpretato in chiave liberale.
L’intellettuale collettivo dovrebbe occuparsi di una ricerca comune della verità e dovrebbe portare alla fine di una cesura netta fra intellettuale della ricerca e chi pratica e mette in atto l'azione militante, perché una politica nuova, necessariamente diversa da quella del passato, prevederà una nuova figura di intellettuale-politico-militante, come inevitabile conseguenza dell'acculturamento di un numero crescente di cittadini. Esiste, dunque, un’intelligenza collettiva, ovvero un'intelligenza distribuita ovunque e diffusa attraverso i nuovi media, mediante i quali si possono creare necessarie e interessanti sinergie, condividendo, per l'appunto, conoscenze che possono essere scambiate superando tutte le distanze linguistiche, fisiche e culturali, perché messe "in rete". I computer e internet sono mezzi in grado di aumentare non solo la cooperazione degli individui, ma anche quella delle organizzazioni collettive umane: dove c'e' umanità, c'e' intelligenza e questa può essere messa in sinergia proprio attraverso i nuovi media. La connessione è diventata un fattore preponderante: esiste, quindi, un’intelligenza non solo collettiva, ma connettiva, che attraverso la rete può diventare un moltiplicatore di intelligenze ed esiste un intellettuale collettivo nel senso di essere umani e computer connessi in un ciberspazio, collegando umani e computer in una maniera nuova, tale da portare l'intellettuale collettivo ad agire più intelligentemente rispetto a prima.
Un intellettuale collettivo liberale può certamente essere – dal mio punto di vista – un intellettuale collettivo radicale.
La capacità di confronto, di dibattito, di produzione del sapere costituiscono il nostro intellettuale collettivo, intrinsicamente collegato, in ambito radicale, alla forma-partito ovvero alla galassia radicale: un modello unico e peculiare che costituisce un elemento di originalità dei Radicali. Di fronte a un quarantacinque per cento di possibili astenuti alle prossime elezioni, i Radicali devono rappresentare un'alterità rispetto al Regime imperante, che si perpetua attraverso una “metamorfosi del male”, configurandosi in nuovi e vecchi “poli”.
Esiste tutto lo spazio per costruire qualcosa di nuovo, per mutare l'esistente, superando la pura e semplice gestione del presente e la perniciosa logica della sommatoria elettorale.
Mi pare evidente che l'intellettuale collettivo sia già presente nella galassia radicale, ma che esso necessiti, per raggiungere una forma organizzata, di una leadership carismatica, quella del demiurgo Marco Pannella, che ha recentemente dichiarato: “… dopo 50 anni di nostre lotte, noi che siamo formati come quasi tutti come ‘militonti’ sui referendum e altro, siamo in condizione forse - se viene il turno del territorio italiano di ribellarsi contro un regime – di far sì che la nostra presenza sarà la differenza rispetto a tutte le altre situazioni. Cioè è pronta l’alternativa, il contenuto di prospettiva”.
Come Radicali possiamo essere ancora una volta protagonisti, per fornire una risposta radicale e liberale alla gran massa degli astenuti, sulla scorta di quanto accadde già nelle europee del 2009, quando in condizioni assolutamente avverse, presentandosi come alternativa al Regime, arrivarono più voti della fu Rosa nel Pugno.